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La storia del mese: Dobby

Dobby è stato salvato da una signora di Cernavoda, in Romania, che ha fermato un gruppo di ragazzini che lo stava maltrattando. L’ha poi portato da noi per curarlo e oggi è pronto per una famiglia tutta sua.
Dobby nel nostro rifugio con l'immancabile legnetto

Dobby nel nostro rifugio con il suo immancabile legnetto

Quando ripensiamo alla storia di Dobby ci sono due immagini che ci vengono subito in mente. La prima è il giorno che è arrivato a Footprints of Joy, il nostro rifugio di Cernavoda, in Romania. Ce l’aveva appena lasciato una signora dopo averlo salvato da un gruppo di ragazzini che lo stava maltrattando. Dobby era arrotolato sulla cuccia rossa che gli avevamo dato, cercava di farsi il più piccolo possibile, come per nascondersi, e si piegava come per dire “non fatemi del male”. La seconda è il giorno che ha lasciato il nostro centro per raggiungere il nostro partner in Svizzera che ora gli cercherà una famiglia: scodinzolava e salutava tutti, con le orecchie dritte e gli occhi vispi.

In mezzo a questi due momenti, sono passati mesi di duro lavoro.

Perché i casi come quello di Dobby sono così delicati

Quando arrivano casi come quello di Dobby, sappiamo bene che il nostro lavoro non si può limitare solo a rimetterli in salute dal punto di vista veterinario.

Infatti, Dobby non aveva particolari problemi fisici, non aveva malattie e non era nemmeno denutrito, a differenza dei tanti cani di cui ci prendiamo cura ogni giorno.

Lui era traumatizzato.

L’adozione immediata non era la scelta giusta per lui

Dobby in braccio alla signora che ce l'ha portato

Dobby in braccio alla signora che ce l’ha portato

Sulla carta, una volta castrato (come prevede il protocollo di ingresso nel nostro rifugio) e fatti i regolari vaccini, avremmo anche potuto proporlo in adozione. Ma sarebbe stata una scelta sconsiderata da parte nostra che avrebbe potuto aggiungere un ulteriore trauma.

Dobby aveva bisogno di conoscere la tranquillità, di sentirsi di nuovo al sicuro, di riacquistare gradualmente la fiducia in sé stesso e soprattutto nelle persone. Se l’avessimo mandato in adozione e fosse finito in mani non esperte, avrebbe rischiato di tornare in canile e, magari, di non uscirne più.

Quando ci sono traumi come quelli che ha vissuto lui, serve un percorso strutturato che aiuti il cane a riprendersi, ad esprimere il suo potenziale e a trovare la famiglia giusta. Solo così, il cane che si nascondeva nella cuccia può diventare il cane che scodinzola a tutti il giorno della partenza.

Appena è stato pronto è stato Dobby a dircelo

Nel nostro rifugio l’abbiamo accudito e amato, gli abbiamo insegnato a mettere la pettorina e ad andare al guinzaglio. Grazie a Impronte in Famiglia, lo abbiamo abituato all’ambiente casalingo, ai rumori, ai movimenti e alle dinamiche che vedrà una volta che verrà adottato.

Immaginate che paura può provare un cane traumatizzato che sente il rumore di una pentola che cade. Per questo li prepariamo gradualmente a queste dinamiche, in modo che le conoscano e che sappiano che non c’è nulla da temere.

Dobby dopo qualche mese nel nostro rifugio

Dobby dopo qualche mese nel nostro rifugio

Appena è stato pronto, è stato lui stesso a salutarci.

Dobby è appena arrivato da Spab Bellinzona, il nostro partner in Svizzera. Saranno loro a cercare la famiglia più adatta alle sue esigenze, facendo gli importantissimi controlli pre e post adozione che tutelano tanto gli animali, quanto le famiglie che li adottano. E, insieme, speriamo di scrivere le ultime – e forse anche le più importanti – parole della sua storia.